È la distinzione destra/sinistra a non essere più in grado di interpretare il panorama politico contemporaneo, o non è piuttosto il panorama politico contemporaneo a soffrire di problemi di identità? Di identità di posizioni etiche, di linee politiche, di procedure amministrative, di riforme, di rapporto con i cittadini. Di concezione dello Stato. Se c’è un filosofo che ammiro per il suo apprezzare la ricchezza del mondo nel suo multiforme rivelarsi è Leibniz. Ma qui, qui non si tratta di multiforme ricchezza; non si tratta di una fioritura rigogliosa di ingegni in confronto costruttivo tra loro, quanto piuttosto di una confusione indisciplinata, che al suo opposto ha quel conformismo indifferenziato che Gaber (in un altro brano dello stesso album di Destra/Sinistra) denuncia. Il Conformista, appunto.
Sembra che da più parti venga l’esigenza di rinunciare ad adottare parametri in un certo modo stabili per distinguere quella che ormai pare una dicotomia sorpassata: Berlusconi non è Mussolini o Hitler, pur essendo di destra (anche se graziose vignette sparse in rete giurerebbero il contrario), Prodi e Bertinotti sono di sinistra, ma non mi sembra abbiano il peso di Stalin. Né possiamo definire il Centro con cui abbiamo a che fare come il diretto discendente di quel connubio di epoca cavouriana. (Sono solo nomi a titolo di esempio, nessuno se la prenda a male.) Né possiamo pensare che ci sia ancora oggi lo scontro tra le leghe rosse e quelle cattoliche, e che l’idea di socialismo che animava le classe lavoratrici dello sviluppo industriale del Nordest sia rimasta tale e quale ai giorni nostri. Mutare è il destino, diceva Marc Bloch (a proposito delle parole), di tutto ciò che è vivo. E almeno questo dovrebbe darci una speranza.
Ben venga, dunque, che le idee mutino. Ben venga che la storia, nel suo corso, cambi sempre le carte in tavola. Ben venga una ventata di aria pulita ogni tanto, che l’uomo ne ha bisogno. Basta, però, che nella navigazione non perdiamo di vista le stelle; ed è quello che succede ai giorni nostri, dove i punti di riferimento di quella che era la vecchia ideologia sono scomparsi (caduta, materiale e simbolica, del Muro).

Vero è che la distinzione storica destra/sinistra sembra essere meno evidente anche nel parlare quotidiano. Quando ci si riferisce ad uno dei due lati della dicotomia, generalmente il cittadino medio intende riferirsi ai gruppi che se ne stanno all’estremo, e che ricordano più la netta divisione dei vecchi partiti (vecchi, si fa per dire: ricordiamo che l’Italia è una Repubblica molto giovane!). Per il resto, si preferisce rivolgersi ai diversi partiti semplicemente con il loro nome. La Casa delle Libertà, il neonato Partito Democratico (per par condicio) …; si sa, generalmente, che il primo si colloca a destra e il secondo a sinistra, ma per un certo non so che difficilmente spiegabile. Né vale la distinzione di religione, visto che ormai i cattolici stanno da ambo le parti; e i socialisti, che dovrebbero stare a sinistra? Eppure, una qualche distinzione (con buona pace di chi, come Veneziani, vorrebbe tagliare la testa al toro) ci deve sicuramente essere, se nel dibattito contemporaneo si sente parlare una volta sì e l’altra pure di bipolarismo. Come spiegherete, ai vostri figli (se ne vorrete, e avrete), quando raggiungeranno l’età per adempiere ad uno dei loro primi diritti/doveri civici (mi riferisco al voto), la differenza tra destra e sinistra? Più pratico ancora: in base a quali criteri votate, voi?
Si capisce bene che, in questa Babele di posizioni, il cittadino ci capisce poco (mi metto tra i cittadini medi). Saltare a piè pari alla conclusione che la politica è un gioco sporco di interessi e che non ne verrà mai nulla di buono potrà magari anche cogliere nel segno, ma l’evidenza non è pane per i nostri denti. Il filosofo, che dovrebbe avere un po’ più di spirito critico, è invece per sua natura portato a fare operazione ironica (nel senso filosofico del termine) di districamento della matassa ingarbugliata.
Luca