mercoledì 31 ottobre 2007

Ma cos'è la destra? Cos'è la sinistra?

È la distinzione destra/sinistra a non essere più in grado di interpretare il panorama politico contemporaneo, o non è piuttosto il panorama politico contemporaneo a soffrire di problemi di identità? Di identità di posizioni etiche, di linee politiche, di procedure amministrative, di riforme, di rapporto con i cittadini. Di concezione dello Stato. Se c’è un filosofo che ammiro per il suo apprezzare la ricchezza del mondo nel suo multiforme rivelarsi è Leibniz. Ma qui, qui non si tratta di multiforme ricchezza; non si tratta di una fioritura rigogliosa di ingegni in confronto costruttivo tra loro, quanto piuttosto di una confusione indisciplinata, che al suo opposto ha quel conformismo indifferenziato che Gaber (in un altro brano dello stesso album di Destra/Sinistra) denuncia. Il Conformista, appunto.
Sembra che da più parti venga l’esigenza di rinunciare ad adottare parametri in un certo modo stabili per distinguere quella che ormai pare una dicotomia sorpassata: Berlusconi non è Mussolini o Hitler, pur essendo di destra (anche se graziose vignette sparse in rete giurerebbero il contrario), Prodi e Bertinotti sono di sinistra, ma non mi sembra abbiano il peso di Stalin. Né possiamo definire il Centro con cui abbiamo a che fare come il diretto discendente di quel connubio di epoca cavouriana. (Sono solo nomi a titolo di esempio, nessuno se la prenda a male.) Né possiamo pensare che ci sia ancora oggi lo scontro tra le leghe rosse e quelle cattoliche, e che l’idea di socialismo che animava le classe lavoratrici dello sviluppo industriale del Nordest sia rimasta tale e quale ai giorni nostri. Mutare è il destino, diceva Marc Bloch (a proposito delle parole), di tutto ciò che è vivo. E almeno questo dovrebbe darci una speranza.
Ben venga, dunque, che le idee mutino. Ben venga che la storia, nel suo corso, cambi sempre le carte in tavola. Ben venga una ventata di aria pulita ogni tanto, che l’uomo ne ha bisogno. Basta, però, che nella navigazione non perdiamo di vista le stelle; ed è quello che succede ai giorni nostri, dove i punti di riferimento di quella che era la vecchia ideologia sono scomparsi (caduta, materiale e simbolica, del Muro).
Vero è che la distinzione storica destra/sinistra sembra essere meno evidente anche nel parlare quotidiano. Quando ci si riferisce ad uno dei due lati della dicotomia, generalmente il cittadino medio intende riferirsi ai gruppi che se ne stanno all’estremo, e che ricordano più la netta divisione dei vecchi partiti (vecchi, si fa per dire: ricordiamo che l’Italia è una Repubblica molto giovane!). Per il resto, si preferisce rivolgersi ai diversi partiti semplicemente con il loro nome. La Casa delle Libertà, il neonato Partito Democratico (per par condicio) …; si sa, generalmente, che il primo si colloca a destra e il secondo a sinistra, ma per un certo non so che difficilmente spiegabile. Né vale la distinzione di religione, visto che ormai i cattolici stanno da ambo le parti; e i socialisti, che dovrebbero stare a sinistra? Eppure, una qualche distinzione (con buona pace di chi, come Veneziani, vorrebbe tagliare la testa al toro) ci deve sicuramente essere, se nel dibattito contemporaneo si sente parlare una volta sì e l’altra pure di bipolarismo. Come spiegherete, ai vostri figli (se ne vorrete, e avrete), quando raggiungeranno l’età per adempiere ad uno dei loro primi diritti/doveri civici (mi riferisco al voto), la differenza tra destra e sinistra? Più pratico ancora: in base a quali criteri votate, voi?
Si capisce bene che, in questa Babele di posizioni, il cittadino ci capisce poco (mi metto tra i cittadini medi). Saltare a piè pari alla conclusione che la politica è un gioco sporco di interessi e che non ne verrà mai nulla di buono potrà magari anche cogliere nel segno, ma l’evidenza non è pane per i nostri denti. Il filosofo, che dovrebbe avere un po’ più di spirito critico, è invece per sua natura portato a fare operazione ironica (nel senso filosofico del termine) di districamento della matassa ingarbugliata.
Luca

5 commenti:

ANDREA ha detto...

Concordo molto su quanto scritto in quest'articolo in particolare sul dovere del filosofo (nel nostro caso dello studente di filosofia) di cercare dei parametri per portare noi stessi e altre persone ad una scelta responsabile nei confronti della politica, infatti, anche se esiste una babele di voci che dicono tutto e il contrario di tutto in materia, questo non ci esime dal fare una scelta ponderata in base alle nostre conoscenze e coscenze. Vi ringrazio per l'opportunità che date a me e agli studenti con le vostre conferenze e con questo blog! Andrea Coassin

Lord Russell ha detto...

La confusione non è sempre un male. Spesso segna un cambio di rotta, un passaggio verso qualcos'altro. Sta a vedere, come ho scritto nell'altro post, se dall'altra parte si trova una sorta di trasformismo o una nuova opposizione. C'è da dire che secondo me il trasformismo sarebbe inessenziale ad una democrazia, se non addirittura dannoso: infatti, se una democrazia si basa essenzialmente su un presupposto in cui la maggioranza si oppone ad una minoranza, come ci si potrebbe opporre ad una minoranza che non c'è? Russell sosteneva che in enunciati in cui non si riesce a dire se sono veri o falsi, spesso è nascosta un'affermazione di esistenza. Io penso che un trasformismo duraturo sia sempre in qualche modo pericoloso.

Il Bozz ha detto...

É vero che la confusione non è sempre un male. Tuttavia, come ben hai sottolineato nella frase successiva (ed essendo tu appassionato di logica, non potrebbe essere altrimenti), se questa confusione segna il passaggio verso qualcos'altro. Ora, credo che la decisione di questo "qaulcos'altro" verso cui si starebbe incamminando (non è detto che questa confusione, in effetti, si stia incamminando verso qualcosa) la politica contemporanea non spetti solo ai politici attualmente in carica, ma spetti anche, e non in piccola misura, ai cittadini che da questi sono governati. E in misura ancora maggiore la responsabilità della definizione del percorso della politica spetta a figure professionali come i filosofi (perchè è questo che credo, che siamo figure professionali, senza per questo tirare in ballo motivi venali) e simili i quali, per la grande opportunità che hanno ricevuto, ossia l'istruzione, possono e (a mio vedere, almeno moralmente) dovebbero dare un contributo attivo a queste problematiche. Naturalmente, ciascuno nella propria misura. Speriamo che questi incontri servano, nella misura che a noi conviene, con tutta l'umiltà di chi deve imparare ancora, a trovare veramente un pezzetto di quella "affermazione di esistenza" di cui, citando Russell, parli.
Due post scriptum. Il primo: mi si scusi per l'uso smodato e talvolta ardito degli incisi parentetici, ma non ne posso veramente fare a meno, metto parentesi ovunque! (Tipo adesso, qui, proprio in questa parentesi, anche se non c'entra nulla.)
Il secondo per Andrea: abbiamo aggiunto il link a Radio Ca'Foscari dalla home page del blog. Ora siamo (anche) nelle tue mani. (Un'altra parentesi...ve l'avevo detto!)
Luca

Lord Russell ha detto...

Sono perfettamente d'accordo con te quando dici che il cammino spetta non solo ai politici diciamo di "professione" ma anche ai semplici cittadini. Anche perché, come diceva Agostino, se vi sono cattivi politici significa che è il popolo ad essere cattivo. Per quanto riguarda i filosofi, mi sembra che oggi stiamo assistendo un declino dell'intera classe intellettuale. Baumann diceva che la figura dell'intellettuale non coincide necessariamente con quella dello studioso. Mi trovo in sintonia con questa affermazione: oggi siamo circondati da molti accademici e da pochi intellettuali, e quei pochi che ci sono non fanno spesso una gran bella figura.

Il Bozz ha detto...

Molto vero. Non concordo col fatto che se ci sono dei cattivi politici è il popolo ad essere cattivo, mi pare un'idea di "ognuno ha secondo le sue colpe e i suoi meriti" che non mi pare granchè seria; se vogliamo restare in tema biblico, come richiama il pensatore che hai citato, Dio non avrebbe distrutto Ninive neppure se uno solo dei suoi abitanti si fosse dimostrato giusto. Sono piuttosto propenso a concedere, questo sì, che una cattiva coscienza (nel senso non di inclinazione al "peccato" o alla cattiveria, ma di cattiva cultura, educazione, ecc) porti con sè anche un permissivismo difficilmente frenabile da chi non riesce a farsi nemmeno un'idea quantomeno sommaria di "come le cose debbano andare". Piuttosto mi pare vero il contrario, almeno facendo riferimento alla situaizone politica contemporanea soprattutto italiana, ovvero che una certa pratica dell'illegalità diffusa (mi riferisco a collusioni con la mafia, a capi di governo che svolgevano il loro mandato mentre erano imputati di numerosi capi d'accusa, abusivismo, conflitti di interessi, tangenti, evasioni fiscali, e chi più ne ha più ne metta) si rifletta nella società che la classe politica rappresenta. Esprimo infine accordo pieno per la conclusione dell'intervento, che è in piena linea ideologica con le finalità del gruppo. Nel nostro piccolo, cerchiamo di essere sia studiosi che intellettuali, senza dimenticarci per questo che siamo anche cittadini, e ben prima di questo siamo uomini.